Perché la classificazione della malattia è così complicata e si sta sempre più allargando?

L’ Osteogenesi imperfetta (OI) classicamente veniva suddivisa in sindrome di Lobstein e sindrome di Vrolik come se le due fossero entità distinte, mentre ora sappiamo che rappresentano rispettivamente una forma lieve (o tarda) e una forma grave (o congenita) della stessa malattia. 

A queste due forme storiche, tipo I (lieve a sclere blu) e tipo II (letale perinatale), Nel 1979 Sillence aggiunge la tipo III (progressiva deformante) e la tipo IV (moderata con sclere normali) . Queste 4 forme “classiche” clinicamente determinate, risalgono al periodo in cui la patogenesi della malattia era ancora sconosciuta. Con la migliore conoscenza dei meccanismi alla base dei difetti di sintesi del collagene esse sono state via via meglio caratterizzate dal punto di vista della relazione genotipo-fenotipo. A questi 4 tipi poi sono stati via via aggiunti altri tipi (dal V al XXII al momento attuale) per la scoperta di altri geni alla base della patogenesi della malattia . 

La causa di questa crescente complessità della classificazione sta nella estrema variabilità genetica della malattia che è stata via via conosciuta nel tempo. 

Semplificando al massimo l’OI dal punto di vista genetico può essere dovuta:

  • a un deficit quantitativo di collagene di tipo I (geni COL1A1 e COL1A2 con allele nullo o stop codon, che non esprimono catene di collagene): forme generalmente lievi di malattia (tipo I).
  • a un deficit qualitativo di collagene di tipo I. A seconda del gene mutato (COL1A1 o COL1A2), della posizione della mutazione e del tipo di aminoacido con cui viene sostituita in genere una glicina, la gravità puo’ variare in modo decrescente da un tipo II a un tipo III, al IV, fino al tipo I. 
  • a difetti nei geni i cui prodotti sono coinvolti nei processi che avvengono successivamente alla sintesi delle catene del collagene di tipo I (al momento circa 20 geni diversi), che possono avere mutazioni che causano alterazioni di gravità variabile della funzione dei vari fattori, e quindi forme cliniche più o meno gravi (tutte forme autosomiche recessive ad eccezione della tipo V dominante e tipo XIX recessiva legata all’X).
  • a difetti non ancora conosciuti in altri geni malattia non noti: forme di osteogenesi che non sono ancora ben caratterizzate.

Una evoluzione ulteriore della classificazione è quella proposta da Forlino e Marini, basata sulla genetica funzionale, in base ai prodotti genici che condividono gli stessi meccanismi perché agiscono nello stesso percorso biochimico. In questa classificazione i gruppi sono i seguenti:

OI gruppo A: difetti nella sintesi, nella struttura o nella lavorazione del collagene;

OI gruppo B: difetti nella modificazione del collagene; 

OI gruppo C: difetti nelle molecolee chaperon del collagene; 

OI gruppo D: difetti nella mineralizzazione ossea; 

OI gruppo E: difetti nello sviluppo degli osteoblasti.
L’alternativa a queste classificazioni genetiche pure o funzionali è quella, preferita dai “clinici”, di classificare la forma secondo la gravità clinica (mantenendo le forme classiche di Sillence I-IV) con la successiva specificazione del gene mutato .

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13.  Devogelaer JP, Malghem J, Maldague B, Nagant de Deuxchaisnes C. Radiological manifestations of bisphosphonate treatment with APD in a child suffering from osteogenesis imperfecta. Skeletal Radiol. 1987;16(5):360-3. doi: 10.1007/BF00350961. PMID: 3629280. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/3629280/ 
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