E come possono variare dopo l’adolescenza le terapie?

Il trattamento con bisfosfonati di solito non andrebbe interrotto prima della fine della crescita ossea, per non rendere più fragili e sottoposte a rischio di frattura le porzioni ossee cresciute dopo la sospensione.

Dopo la fine della pubertà, nella storia naturale della malattia inizia un periodo di relativa libertà da fratture. Si può decidere a questo punto di sospendere la terapia, controllando la situazione a distanza (ogni 1-2 anni), in attesa di una eventuale ripresa (o l’inizio di altre terapie) in età adulta, per prevenire una ripresa delle fratture in età più avanzata.  

Poiché le necessità, i fabbisogni e le problematiche dei pazienti sono diverse nella fase della crescita (bambino e adolescente) e nell’età adulta, si preferisce in età tardo adolescenziale o giovane adulta creare le condizioni per il passaggio da una assistenza  pediatrica a quella dell’adulto. Il passaggio è necessario anche per le tipologie di trattamenti che possono essere considerati in età adulta (come abbiamo visto teriparatide, denosumab, anticorpi antisclerostina e altri) che sono già entrati in uso nella osteoporosi postmenopausale (con i quali lo specialista dell’adulto ha già confidenza), che invece non sono possibili fino a questo momento in età pediatrica. 

La condizione ideale sarebbe quella di un passaggio di consegne attraverso un ambulatorio di “transizione” all’interno dello stesso Centro in cui siano condivisi protocolli di cura e di gestione dei problemi e in cui vi sia un continuo scambio di informazioni, che diano continuità al percorso che il paziente deve seguire.

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